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Da Bertone al Monte Alfeo

Presentazione

L'accesso alla Val Boreca è regolato da due imponenti guardiani che si affacciano sulla Val Trebbia e incutono timore con il loro aspetto arcigno e spesso coronato da nubi minacciose, frutto dell'aria satura di umidità proveniente dal Mar Ligure: il Monte Lesima e il Monte Alfeo. Se il primo, più alto (1.724 m), è ingentilito dalla forma arrotondata e dalla piccola strada asfaltata che sale in vetta fino al radar che, con il suo pallone protettivo, rende il rilievo riconoscibile da decine di chilometri di distanza, il secondo, di 74 m più basso (1.650 m), protende verso il cielo il suo picco aguzzo che gli dà l'aspetto, sotto certe angolazioni, di un dente di squalo. Dei due, l'Alfeo è il primo a ricevere il vento marino (la parola "brezza" risulterebbe un eufemismo) ed è quindi quello che più facilmente resta nascosto alla vista, incappucciato al primo accenno di variabilità delle condizioni atmosferiche. L'apparenza è però ingannevole; dietro quelle spoglie severe si cela un gigante che accoglie i visitatori con un tappeto erboso coprente tutta la cima, che lascia il posto poco più a valle a una faggeta nella quale svettano alcuni esemplari enormi, tra i più robusti che sia dato vedere nella nostra provincia. 

Nuvole permettendo, il panorama che si domina dall'alto lascia con il fiato sospeso. Non è soltanto un modo di dire, perché la fatica necessaria per arrivare alla sommità è davvero ragguardevole: i 580 m che colmano il dislivello con Bertone, punto di partenza qui suggerito, non lasciano quasi mai tregua e si concentrano soprattutto nel tratto finale. L'ascesa è possibile anche da Tartago, sull'altro versante, da una distanza più che doppia, ma la minor inclinazione derivante dall'allungamento del tragitto è purtroppo compensata dalla minore altezza del paese di inizio cammino, di 350 m più basso rispetto a Bertone. L'escursione non richiede particolare prudenza; la ripida salita si sviluppa sempre tra boschi e prati, lontano da dirupi. È necessaria una certa attenzione soltanto all'abbigliamento, perché la temperatura e l'umidità in quota potrebbero essere molto diverse da quelle incontrate alla base.

L'avvicinamento in auto

Superato Ottone si entra in provincia di Genova e si arriva a Gorreto. Qui si gira a destra, lasciando la statale, e si seguono le indicazioni per Bertone e Barchi. Raggiunto e superato quest'ultimo borgo, si sta a destra quando si incontra un bivio che, a sinistra, porterebbe a Suzzi. La strada, finora asfaltata, diventa per un breve tratto sterrata, ed è facile trovarla in condizioni non ottimali. Si parcheggia dove possibile, all'ingresso nel paese di Bertone. 

L'escursione

Si segue il vialetto alberato che conduce alla chiesa e le si passa accanto (è indifferente da quale lato, ma è più comodo a destra). Si attraversa tutto il centro finché il vicolo esce allo scoperto e si trasforma nel sentiero segnalato che si inerpica verso la cima. Si tratta di uno stradellino rudimentalmente lastricato e accompagnato per lunghi tratti da muri a secco che reggono le terrazze coltivate. Il segnavia è frequente e, addirittura, sovrabbondante: si incontra il classico biancorosso deI Cai, con il numero 111, ma sono altrettanto assidui i tre pallini gialli della Fie, e non mancano due triangoli gialli pieni. Col senno di poi si scoprirà che i triangoli e il biancorosso, quest'ultimo dopo essersi diviso agli incroci, portano alla cima, mentre i tre pallini indirizzano a Tartago attraverso un valico tra l'Alfeo e il Ronconovo o, se si preferisce, portano ugualmente alla vetta, ma per un'altra strada (che si seguirà al ritorno). 

Dopo 8 minuti si supera un cancello, e per altri 10 minuti si sale fino a incontrare un bivio; i cartelli del Cai indicano chiaramente che dritto si va a Ottone (itinerario 115), mentre a sinistra si punta sul Monte Alfeo con il sentiero 111. Si segue naturalmente questa seconda strada per entrare nel bosco e trovare finalmente un sia pur breve tratto pianeggiante, dopo altri 3 minuti. Poco dopo, a una biforcazione, il segnavia biancorosso e quello a pallini si separano, ma si ritrovano più avanti, lasciando quindi la scelta alla discrezione dell'escursionista. Quando il sentiero, ridiventato unico, sale sulla destra su un accenno di crinale, un cartello rivela la presenza di una sorgente a 200 m sulla sinistra. La macchia lascia spesso spazio ai prati, ma presto riprende il sopravvento. Proprio nel suo mezzo, meno di 10 minuti dopo aver incontrato la fonte, si incontra il bivio che fa da anello di raccordo alla racchetta qui proposta: si prende a destra, in salita, in direzione di un gruppetto di giganteschi faggi, seguendo il marchio biancorosso (e i due triangoli gialli, che ogni tanto faranno capolino). 

I tre pallini gialli vanno invece a sinistra, lungo il sentiero che si seguirà al ritorno. Trascorso un quarto d'ora gli alberi si diradano e, sulla sinistra, si intravedono i prati sommitali, verso i quali si staccano alcune diramazioni, ma il segnavia dice chiaramente che occorre ancora andare dritto, innestandosi anche nel sentiero 119 che arriva da sinistra. Pochi minuti ancora e si affronta il tratto erboso conclusivo, che piega leggermente a sinistra fino a raggiungere una staccionata per seguirla in salita, ancora a sinistra, e staccarsene più in alto, quando si è a pochi passi dalla vetta, che si raggiunge in 10 minuti. Fatta la meritata sosta all'ombra della statua raffigurante la Madonna con il Bambino, si riparte seguendo il ritrovato segnavia a tre pallini gialli, che porta a valle dal lato opposto a quello finale di arrivo, in ripida discesa. Si apprende da un cartello di essere sulla direttissima 119 per il Monte Carmo, poi, un quarto d'ora scarso dopo aver lasciato la cima, si arriva alla sella da cui, a destra, si punterebbe su Tartago; il cammino procede invece a sinistra, per rimanere sulla costa dell'Alfeo e completare la racchetta. 

Si incontra l'altro capo del sentiero 119 incontrato in precedenza, che si innesta da sinistra, ma si prosegue seguendo i tre pallini finché (è questione di 5 minuti) ci si ritrova alla base della racchetta, all'altezza dei magnifici esemplari di faggio descritti sopra. Da qui in poi la strada è la stessa percorsa all'andata, e presto si ritrova il bivio per Ottone, dove si gira a destra, in discesa, lasciando il paese piacentino alle proprie spalle. In pochi minuti si è in vista di Bertone, al quale si arriva senza difficoltà per ritrovare l'automobile.

Tratto da "Sentieri Piacentini" di Giorgio Carlevero